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Nicola Gratteri a Sophia 2019

Ospite del festival, il magistrato fa il punto della situazione sulla lotta alla mafia e sui problemi sociali che alimentano la criminalità organizzata. Ed emoziona il pubblico.

Le parole di Nicola Gratteri spesso sono dei veri pugni nello stomaco. Il magistrato calabrese, che sabato 16 novembre 2019 è stato ospite di Sophia, non usa mezzi termini quando parla di lotta alla ‘ndrangheta e della vera e propria crisi di valori che la nostra società sta attraversando. Problemi rispetto ai quali sensibilizzazione e soluzioni devono essere proporzionate. E l’incontro a Pietrasanta, davanti al tutto esaurito del Teatro comunale, è stato un’importante opportunità per confrontarsi con le diverse tematiche che riguardano direttamente l’impatto della mafia sulla vita dei cittadini e su quella dello Stato, coinvolgendo la stabilità del concetto stesso di giustizia. Ma non solo. Il Procuratore, infatti, non ha mancato di lanciare un monito sulle minacce del crimine organizzato in Europa:

In futuro, penso, in Europa ci occuperemo molto di Albania: la mafia albanese è molto forte. Un terzo dell’Albania è piantata a marijuana. Gli albanesi sono molto forti e presenti in Olanda al punto che il governo olandese è molto preoccupato, tanto che stanno pensando di modificare la legge sugli stupefacenti, soprattutto sul consumo, sull’uso e sulla vendita delle cosiddette droghe “leggere”. C’è stata una forte impennata di criminalità mafiosa, sono molto preoccupati».

E rispondendo proprio alla questione della legalizzazione delle droghe “leggere” nel nostro Paese, il magistrato ha raccontato con emozione la sua esperienza personale nelle comunità di recupero, dove si reca abitualmente per ascoltare e aiutare i tossicodipendenti che cercano la forza per ripartire e ricominciare a vivere. Sono proprio queste persone, ha spiegato Gratteri, che «In lacrime mi dicono dottore, faccia di tutto per non far passare questa legge. Noi siamo tutti partiti con le canne».
E quello della tossicodipendenza, spiega il magistrato, è un problema che non riguarda solo il singolo drogato ma che «devasta un’intera famiglia». Il procuratore, poi, ha spiegato come la legalizzazione, che riserva l’uso delle droghe “leggere” ai maggiorenni, non serva a debellare la criminalità organizzata:

I minori continueranno a comprare nelle piazze. L’80% dei tossicodipendenti sono cocainomani, meno del 10% sono dipendenti da marijuana e hashish. Mi spiegate quale sarebbe il mancato guadagno delle mafie?  Se chi si droga non ha i soldi per comprarsi le sigarette figuriamoci se va a comprare la marijuana a 10, 12 euro al grammo rispetto a 4 euro al mercato nero.

Gratteri ha poi affrontato una questione che ha da sempre a cuore: quella di una riforma della giustizia che passi anche attraverso la tecnologia e renda il lavoro dei tribunali più semplice, veloce e meno costoso. E proprio parlando di giustizia, è tornato sulla questione dell’ergastolo ostativo senza fare troppi complimenti:

Un mafioso finisce di essere mafioso quando muore. Forse quando diventa collaboratore di giustizia. Non ho detto quando si pente. I legislatori prima di parlare dovrebbero aver accumulato esperienza rispetto a ciò su cui vanno a legiferare. Su questo bisogna essere seri, severi, feroci. (…) Io sono contrario a ogni forma di violenza, ma non scherziamo, non andiamo a scimmiottare per il complesso di non essere definiti progressisti o democratici. Finiamola con questa ipocrisia. Attenzione a non cancellare 150 anni di antimafia.

Infine, l’appello a una delle armi più potenti della lotta alla mafia: la reciprocità. La capacità di dedicarsi agli spazi della società civile ma soprattutto alle persone. Anche la ‘ndrangheta, infatti, trova terreno molto fertile nella solitudine dell’egoismo e nei personalismi. E l’altruismo è uno strumento molto efficace per contrastarla. Spiegandolo, Gratteri emoziona il pubblico parlando a cuore aperto. Soprattutto ai giovani, che invita a toccare con mano i problemi per prenderne consapevolezza e poterli affrontare in maniera pratica:

Quello che vi chiedo è di non rassegnarvi assolutamente. Di essere convinti che ce la possiamo fare. Però è possibile solo partecipando. Dopo che ripuliamo gli spazi dalla mafia, la società civile deve occuparli, altrimenti saranno occupati da altri mafiosi. È importante partecipare alla vita sociale. Incominciate a impegnarvi, andate negli ospedali geriatrici, dove ci sono i vecchi abbandonati dai figli egoisti. State davanti al letto di un vecchio che non parla con nessuno da giorni. Andate da chi ha bisogno.