Un libro sempre aperto per tutti gli occhi: così si esprimeva Rousseau a proposito della natura. È un riferimento, quello della natura come libro aperto, squisitamente moderno, perché riconduce direttamente alla celebre frase pronunciata da Galileo Galilei, secondo il quale la natura era come un libro che ci sta aperto innanzi gli occhi e – così aggiungeva il padre della scienza – scritto in lingua matematica. Un libro, in questo caso, che se letto con determinati occhi, permette lo svelamento dell’essenza dei suoi misteri, delle incognite dei suoi meccanismi, delle sue leggi, regolarizzate dal numero, e della sua ragione interna; un libro scritto direttamente – così l’aggiunta di Rousseau – dalla mano di Dio. Ma questo non basta. Secondo natura è un invito al pensiero e alla pratica etica che vuole andare oltre una visione meccanica della natura. Più che una domanda di riflessione su cosa sia naturale o meno, come spesso questa espressione viene declinata, è prima di tutto una chiamata all’ascolto della natura in sé, in tutta la sua potenza reale e concettuale. E forse, come spesso accade nel pensiero occidentale, una esortazione alla rilettura dei Greci, dove
fusis (natura, appunto) è una parola che vuole indicare l’intero Universo come insieme dinamico e metamorfico delle cose che nascono, divengono, nei confronti del quale il primo, primissimo sforzo della filosofia fu quello di cercarne il principio, l’origine. Ma qual è, poi, il posto dell’uomo all’interno della natura? Negli anni del disastro climatico, degli ambientalismi e dell’ecologia, non possiamo che rimettere profondamente in discussione ciò che abbiamo dimenticato o tralasciato nella riflessione naturalistica ed ecologica, nel senso più intimamente filosofico di questo termine. Tra certo pessimismo che vuole che l’uomo, nell’epoca geologica che porta il suo nome – Antropocene, appunto –, non si configuri altro che come l’elemento parassitario della natura, il nocivo inquilino o, addirittura, l’ospite inatteso, e certo letale disinteresse e assenteismo concettuale nei confronti della stessa questione, è un imperativo ripensare alla natura, ripensare ai greci, ripensare a Spinoza, ripensare all’idealismo tedesco, ripensare a certi paradigmi etici, estetici ed ecologici che dovrebbero fare da segnavia per il nostro stare al mondo. Perché non lo si renda davvero – il mondo – un atomo opaco del male, come diceva Pascoli in un suo verso. Così Lévi-Strauss: l’uomo deve rendersi conto che occupa nel creato uno spazio infinitamente piccolo e che nessuna delle sue invenzioni estetiche può competere con un minerale, un insetto o un fiore. Un uccello, uno scarabeo o una farfalla meritano la stessa fervida attenzione di un quadro di Tiziano o del Tintoretto, ma noi abbiamo dimenticato come guardare.